
Il respiro del bosco, un mistero inquietante e menti febbrili sospese tra la cura e la follia.
Con premesse così, potevo forse resistere a questo libro?
📖 Siamo nel 1913, in un sanatorio immerso nei boschi della Slesia.
Il giovane Mieczysław vi giunge in cerca di guarigione (e per ritrovare sé stesso) ma presto viene risucchiato in una spirale di eventi inquietanti: voci che sussurrano, ombre che si muovono appena oltre lo sguardo, una natura primordiale che sembra pulsare di vita propria… e strane morti.
Le atmosfere del bosco e del sanatorio, sospese tra il fascino e l’orrore di una natura matrigna, mi hanno da subito immersa nella lettura.
Pian piano, però, l’incanto si è rotto.
Il ritmo lento della narrazione ha preso il sopravvento, così come la routine ripetitiva dei personaggi: passeggiate nei boschi, colloqui con medici e pazienti, rituali di cura, pasti condivisi… e di nuovo da capo.
La mascolinità tossica, figlia di un patriarcato grezzo e onnipresente, nonostante funga da denuncia sociale, diventa quasi “molesta”, e la denigrazione continua delle donne trova una sorta di “rivincita” (dal retrogusto amaro) grazie alle terribili creature mitologiche che danno il titolo al romanzo e che aleggiano tra le pagine con la loro essenza immortale.
L’elemento simbolico, biblico e mitologico, che poteva essere uno degli elementi portanti del racconto, non è sostenuto (a mio avviso) con coerenza e profondità fino in fondo e lascia, a fine lettura, un senso di incompiutezza un po’ straniante.
Che dire? Avevo aspettative altissime per questo titolo, e nonostante abbia amato follemente le vibes goticheggianti e misteriose che si respirano tra le pagine, la trama, ahimè, non mi ha convinta a pieno.
❓️ Lo avete letto? Vi incuriosisce? Se poteste entrare in un libro, cerchereste il mistero o qualcosa di rassicurante?









