
🖋”Siamo tutti malvagi e ciechi.”
1936. Nell’assolata ma claustrofobica Pepper Street, tipica strada dei sobborghi americani, un muro divide in due la comunità.
Se dietro questo confine misterioso si nascondono quartieri esclusivi, vie senza nome e case senza numero, al di qua del muro vivono invece numerose famiglie variegate.
Le loro esistenze scorrono abbarbicate caparbiamente dietro una candida facciata di linde tendine, tè fumanti con le amiche, circoli di cucito e uova dalla cottura impeccabile (a discapito di tutto e tutti).
“L’educazione prima di tutto”, sembra tuonare un’invisibile ma onnipresente voce fuori campo.
Ma si sa, il lato oscuro è difficile da ingabbiare ed ecco che pian piano si svela la vera natura di adulti e bambini: un’indole vanesia ed egoista che si nutre di mere apparenze, la non accettazione di chi è diverso e un’educazione forzata che va ben presto a farsi benedire…
La crudeltà è come un veleno che impregna pian piano tutte le pagine, un muro che crolla aprendo brecce misteriose e un piacere morboso e quasi malato che gode delle tragedie altrui.
Tra stacchi continui e una scrittura magistralmente frammentaria, la Jackson ci porta a spiare attraverso le serrature di famiglie “perbene” per farci scoprire i cupi segreti e le ipocrisie di una piccola e isolata comunità (specchio della società americana dell’epoca), che diventa un microcosmo perturbante di malvagità e indifferenza.
Dopo un inizio straniante in cui ci si perde tra edifici, stradine e una moltitudine di nomi, quasi da sentire il bisogno di tracciare una mappa, l’ironia corrosiva dell’autrice ha la meglio, svelando tutto l’orrore quotidiano nascosto dietro scialbe esistenze, per poi esplodere in una tragedia, già presagita, che lascerà il lettore inerme e incredulo.
Ed è proprio vero: non sempre “Dio distrugge le persone malvagie”, semmai tutto il contrario.









